Il 6 marzo 1976 la Regione Siciliana promulgò una legge, la N° 24, che si proponeva non solo di mettere ordine nell’addestramento professionale, ma anche di favorire le piccole e medie imprese che, con l’attuazione di tale legge, divenivano di fatto parte attiva di uno sviluppo qualitativo all’interno del sistema impresa. Il legislatore infatti metteva alla ribalta la possibilità di qualificare, con una sana programmazione, giovani da immettere in un circuito lavorativo con una qualifica idonea al ruolo che essi sarebbero andati a rivestire. La consapevolezza nasceva da una constatazione di fatto: le piccole e medie imprese erano alla mercé di vari politici che garantivano la loro sopravvivenza con contributi ad hoc e che, per questo motivo, mai avrebbero potuto raggiungere un elevato grado di competitività con il mercato europeo e più tardi con quello extra-europeo.
L’implosione della formazione professionale e la sua incapacità ad adeguarsi ai tempi è dovuta a diversi fattori che molti hanno cercato di spiegare ed hanno spiegato, ma pochi, si sono presi la briga di ammettere le proprie responsabilità. L’elenco sarebbe abbastanza lungo ma chiaramente un breve cenno è doveroso per rispetto a chi ha creduto e crede ancora che solo investendo seriamente sulla cultura, si può uscire da questoempasse che ci sta portando alla catastrofe.
In cima alla lista vi sono i politici che, avendo sperimentato la facilità con cui si potevano fare facili assunzioni, trovavano in questo settore la possibilità di creare un serbatoio di voti che garantiva quella necessaria sicurezza per le loro future affermazioni elettorali. Chiaramente tutto questo avveniva con la complicità di rappresentanti di Enti e sindacati. D’altronde i sindacati erano anche Enti di formazione e quindi compartecipi di questo sistema che garantiva a loro stessi non solo la sopravvivenza, ma dispensava al loro interno posti di lavoro e tutto quello che poteva servire alle necessità del loro funzionamento. Si era formato un circuito chiuso capace di essere autosufficiente nell’autonomia sia organizzativa che gestionale. Gli unici ad essere fuori da questo circuito erano gli allievi cui doveva essere destinata la formazione.
Un altro elemento di cui non si teneva conto era il ruolo delle associazioni imprenditoriali che mal tolleravano questo sistema, non perché non potessero garantire una migliore allocazione, ma perché consapevoli che vi era un giro di finanziamenti che poteva essere veicolato in sostituzione di quei fondi che la Regione non poteva più garantire per i problemi contingenti che stiamo vivendo.
Il bombardamento mediatico inizia con una serie di dichiarazioni :
“La formazione professionale? “Un settore che non serve a nulla”. Parola di Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria, che in un'intervista a “Repubblica Palermo” punta il dito contro la formazione e la riforma di Centorrino. “Dichiarazione del 10 Giugno 2011.
Lo stesso, il 12 maggio 2013 dichiara: “Un esempio virtuoso, allora, potrebbe essere la Germania, dove "la disoccupazione giovanile e' stata praticamente azzerata anche grazie ad una formazione che alterna il percorso scolastico con la pratica nelle aziende.”
Portare la formazione nelle aziende diventa un fattore indispensabile che serve ovviamente a riformulare tutto il mondo formativo. Si annunciano rivoluzioni, si fanno proclami e nel mentre si inizia a scardinare il sistema! Non so quanta buonafede vi sia in tutto questo, di certo assistere a una riunione in cui il tema principale è la centralità della Confindustria che sponsorizza un progetto quale il FARO, al quale si attribuisce la centralità della programmazione e dove i soggetti attuatori di questo progetto sono per la maggior parte Enti di formazione a servizio della stessa Confindustria, porta a chiedersi quale possa essere l’utilità per loro indirizzare la progettazione verso Enti che non hanno niente a che vedere con la logica di certe tipologie di corsi lontani dal loro mondo!
Questa dichiarazione potrebbe essere la chiave di volta di un cambiamento che porterebbe a stravolgere sia il nuovo assetto della politica siciliana, sia gli assetti collegati al mondo economico imprenditoriale e tra questi la Formazione professionale gestita dagli Enti gestori storici.
Per attuare ciò, il primo tassello sarebbe un accordo con “Italia Lavoro” riesumato per l’occasione e vestito a festa per dargli quel tono di vivacità che lo fa sembrare una struttura capace di sovraintendere o gestire tutte quelle problematiche che circondano il mondo del lavoro mediante un ridimensionamento drastico degli sportelli multifunzionali.
Chi vivrà vedrà.
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